ome in ogni nave, dove la sala macchine è posizionata nella sua parte più intima, alla fine del film, andando incontro alla notte con l'ultima fetta di mandorlato e the bollente, mi ritrovo a riflettere sul fatto che anche noi siamo fatti così. Per questo, forse, solo il titolo, più che "the words" doveva essere "dentro" perché è proprio "dentro", nella nostra sala macchine, che il confine fra le bugie e le verità si riduce fino ad annullarsi. Il luogo dove esse, sedute allo stesso tavolo e senza litigare, contrattano sulla convenienza operativa o sentimentale dell'una o dell'altra. È quello il tavolo rotondo della nostra intimità dove si riuniscono, ciascuna col proprio ruolo, le nostre bugie, verità, onestà, lealtà, sentimenti, ambizioni, interessi e scopi. Discussioni intime, accese o serene, dalle quali usciranno decisioni e, quindi, comportamenti che saranno altrettanto sofferti o sereni in relazione ai compromessi che faremo con noi stessi. Quei compromessi che, essendo il termometro della coscienza, pur di star bene con se stessi e volendo perciò evitarli, portano alcuni a ricorrere all'unico antibiotico che, anche se penalizza, funziona. Quell'antibiotico che si chiama solitudine e che, in effetti, è solo un surrogato derivato dal vero antibiotico che sarebbe l'indipendenza. Quell'indipendenza di pensiero e quindi d'azione che, in un regime universale d'ipocrisia, è assolutamente impossibile da raggiungere completamente.